Non ho mai posseduto un’auto, e nemmeno mi piacciono gli hamburger; le due cose, di per se, non sarebbero nemmeno legate o così strane, se non fossi figlio di un commerciante di auto e di una cameriera, anzi, di una “burger flipper” del South Boston. E forse proprio per quel motivo, per quello spirito di ribellione che ti prende ad una certa età, ho deciso che un’auto non mi sarebbe servita. Ho la licenza di guida, ho guidato moltissime auto, in posti diversissimi, dalla valle della morte, con due taniche di benzina di scorta nel portabagagli, al traffico di Denver al venerdì pomeriggio, tentando disperatamente di raggiungere l’aeroporto, ma anche in Europa, in Spagna, tra i vulcani della Garrotxa, o nella civilissima e solitaria Svezia, dove l’unico pericolo è, a quanto pare, scontrarsi con un alce. Ho guidato e provato diverse auto, ma non ho mai desiderato averne una. A New York, dove vivo, ho sempre usato i mezzi pubblici e i taxi, per muovermi; qualche escursione in bicicletta e a piedi, e, quando ne ho avuto veramente bisogno, ho noleggiato un furgone o un’auto a noleggio.
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