Ci sono alcuni momenti in cui le parole, di fronte a certe cose, si perdono chissà dove, e così restiamo lì, muti, storditi, con quella espressione da “persona spaesata”, quando in realtà siamo solo felici, perché abbiamo trovato l’epicentro, il punto esatto di stupore che alimenta la nostra linfa vitale, ma ancora non lo sappiamo.
Il fatto è che non ci siamo abituati, e così, per qualche attimo, risultiamo solo un po’ più “stupidi”.
La stagione dei cambiamenti
Non ho mai posseduto un’auto, e nemmeno mi piacciono gli hamburger; le due cose, di per se, non sarebbero nemmeno legate o così strane, se non fossi figlio di un commerciante di auto e di una cameriera, anzi, di una “burger flipper” del South Boston. E forse proprio per quel motivo, per quello spirito di ribellione che ti prende ad una certa età, ho deciso che un’auto non mi sarebbe servita. Ho la licenza di guida, ho guidato moltissime auto, in posti diversissimi, dalla valle della morte, con due taniche di benzina di scorta nel portabagagli, al traffico di Denver al venerdì pomeriggio, tentando disperatamente di raggiungere l’aeroporto, ma anche in Europa, in Spagna, tra i vulcani della Garrotxa, o nella civilissima e solitaria Svezia, dove l’unico pericolo è, a quanto pare, scontrarsi con un alce. Ho guidato e provato diverse auto, ma non ho mai desiderato averne una. A New York, dove vivo, ho sempre usato i mezzi pubblici e i taxi, per muovermi; qualche escursione in bicicletta e a piedi, e, quando ne ho avuto veramente bisogno, ho noleggiato un furgone o un’auto a noleggio.
Leggi tutto “La stagione dei cambiamenti”L’importanza del silenzio
Ero su una torre naturale di roccia, in mezzo all’aria, come un uccello solo e in migrazione, per far visita ai sei dei 24 monasteri ancora abitati in cima a questa meraviglia: Meteora, che in greco significa “sospeso in aria”, da lì il nome.
In quella pace assoluta, riuscivo a captare persino i piccoli passi dei monaci col rumore delle loro suole che premevano a terra. Uomini devoti, immersi per più di tre quarti della loro giornata in preghiera. Immersa in quello scenario, mi erano venuti in mente gli ultimi momenti passati con Larry.
Ormai in casa si respirava un’aria pesante, o forse, ero io che in quel momento avevo bisogno di più ossigeno; la bella casa arredata a Notting Hill, che avevo tanto desiderato, non mi rispecchiava più. Nemmeno rifugiarmi nelle mie letture a Holland Park, davanti la vista dei tulipani in fiore, riusciva a farmi evadere dagli ingranaggi che ormai non combaciavano più…
Nadir e il suo tè di Rize
New York ti sorprende sempre. E’ una città che si offre sempre una possibilità. Anche nei momenti più bui riesce sempre a risollevarsi. Dopo i fatti dell’ undici Settembre, a quel tempo ero ancora a Boston, vedevo una città ferita, distrutta, governata dall’esercito e mai avrei immaginato che, qualche anno più tardi, sarebbe diventata la mia città, la mia casa.
Ero tornato da qualche giorno, e tutto sembrava rientrato nella normalità, con Melanie sempre dura e scontrosa, Tony invasivo ma buono, e i dannati muffin di Fanny. Già, la normalità, non era più quella, da quel viaggio a Milano. L’incontro con Sheila mi aveva segnato profondamente, e oramai la vedevo dappertutto, in ogni luogo, in ogni momento. Bastava passare davanti ad uno dei tanti locali e market turchi, tra la 72ma e la 5a Avenue per riportarmi al pensiero di lei. Spesso mi fermavo a bere un tè di Rize, dopo il lavoro e prima di rientrare a casa, ma, da quando ero tornato non avevo più nemmeno la voglia, di passare di la, per non tormentarmi ulteriormente.
In Grecia, sulle tracce di Poseidone
Noleggiata l’auto all’aeroporto di Atene mi ero diretta subito verso Sparta per visitare l’antica acropoli. Sul tragitto, ricordo di essermi fermata diversi minuti per osservare quell’indescrivibile canale di Corinto che sembrava, visto dall’alto, una lunga infinita strada senza fine, come quelle che si trovano in mezzo alla California. Pensai che l’unica differenza stava in quelle pareti alte ben oltre 90 metri, che delineavano in maniera ordinata il tratto in cui le navi sarebbero passate, impedendo così “un cambio di percorso”; una cosa che nella vita risultava a me sconosciuta, dopo l’interruzione del mio matrimonio, infatti, i miei cambi di rotta erano diventati sempre più frequenti.
Una volta raggiunto il sud del Peloponneso, feci visita ad un piccolo paese che è proprio un grazioso museo a cielo aperto. L’architettura Bizantina che solcava su tutto il pendio, con numerose case, chiese con affreschi ancora intatti, il castello, e quella atmosfera medioevale, che ho sempre guardato con fascino, mi riportarono subito sui colli toscani della bella Italia che avevo visitato qualche settimana prima. Tirai fuori il mio taccuino e presi qualche appunto su Mystra…in quel momento,dopo un lungo respiro,mi balzò in testa un pensiero: “chissà cosa stava facendo Eric in quel momento? “, feci un sorriso, chiusi il diario e continuai il mio viaggio.
New York, tra muffins e bugie
Il tabellone indicava un desolante “DELAYED”
“Mi spiace, signore, il volo AA 199 in partenza per New York subirà un ritardo per cause tecniche, non posso dirle di più“
Ero in aeroporto dalla mattina presto, per prendere il volo che mi avrebbe riportato a casa; a differenza delle altre volte, non ero felice di tornare a New York, nella mia New York; certo, per lavoro sono stato in tantissimi posti diversi, alcuni anche molto belli, ma mai avevo desiderato di restarci veramente; la mia casa era la, sulla 72esima strada a Bay Ridge, a meno di due isolati dalla stazione della metropolitana, in una casa di mattoni rossi e la bandiera a stelle e strisce piantata sulla facciata, come si conviene ad ogni buon americano. Eppure, quella volta sentiva qualcosa che mi legava a Milano, a quel Bed and Breakfast un po’ rustico, alla magia della luna sui navigli.
Ma chi volevo prendere in giro! stavo pensando a lei, a Sheila; a quell’incontro che mi aveva cambiato la vita, per sempre. E poi, perchè tornare? Sheila era partita il giorno prima, per andare chissà dove, in Grecia, e chissà mai quando la avrei rivista. No, non avrei avuto nessun motivo per rimanere a Milano, nessuno.
Ancora nessuna indicazione del volo; unica consolazione, aspettare nella Lounge Sala Montale invece che incastrato in qualche scomodo seggiolino al gate.
In tasca della giacca avevo ancora quel biglietto, quel tovagliolino bianco piegato in quattro, con la mail di Sheila; nonostante la avessi già trascritta nei miei contatti in agenda continuavo a tenere in tasca quel biglietto, scritto sulla mia schiena e vezzosamente decorato con un bacio a stampo. Io lo conservavo come una reliquia, e, di tanto in tanto, avvicinavo la mano al cuore, istintivamente, a controllare che ci fosse ancora, e quasi avvertivo il calore che emanava.
Firenze, tra storia e fantasmi
Nei giorni trascorsi a Firenze, oltre che immergermi in una città dai tratti medioevali, avevo potuto assaporare i risultati rimasti da uno straordinario rinnovamento artistico, architettonico e letterario come quello del Rinascimento.
Nelle visite guidate che avevo selezionato con cura, tra cui la Galleria degli Uffizi, Palazzo Vecchio e le varie chiese che adornano questo meraviglioso posto nel mondo, avevo deciso di contattare una guida personale per far visita a qualche luogo più insolito della città; in particolare il palazzo Budini-Gattai, meglio conosciuto come Palazzo Grifoni; un palazzo, che si sente nominare poco rispetto ai tanti luoghi di interesse storico-culturale ma che avevo tenuto a mente per questa tappa, per via di una strana leggenda appresa su qualche strambo sito italiano, e che mi aveva davvero affascinato, mentre progettavo il mio anno sabbatico.
L’incontro
Ci sono persone che non hanno bisogno di incontrarsi, per conoscersi, ci sono incontri che non lasciano nessun segno, ci sono segni che annunciano un incontro; e poi ci sono incontri che cambiano la vita, e questo è quello che è successo ad Eric e Sheila.
Sheila era a Milano da qualche giorno, una delle tappe del suo viaggio in Italia che la aveva portata dapprima a Roma, la grande, poi a Firenze, la magnifica, e infine a Milano, una città non meno ricca di storia delle altre due, ma che offriva, ai suoi occhi, quel giusto miscuglio di storia e modernità che si addice ad una città europea; con la sua storia, i suoi monumenti, i grattacieli e i negozi scintillanti, gallerie d’arte e locali di ogni genere. In quella tappa, ospite da una zia, aveva trovato Carola, una cugina quasi coetanea, ma che non aveva mai visto, perché nata dopo il trasferimento in Italia di sua zia. Trovarsi dopo molto tempo con una persona di cui si, aveva visto qualche foto, ma praticamente non sapeva nulla, risvegliò in lei una curiosità quasi infantile, come fosse desiderosa di recuperare del tempo perduto. Nelle sue giornate milanesi trascorsero molto tempo insieme; Carola conosceva benissimo la città, e sapeva come muoversi con destrezza nel caos della metropoli e accompagnava volentieri Sheila in visita a quei monumenti che, spiegati con l’amore e la passione che ci metteva, prendevano una luce diversa da quella che aveva appreso dalle noiose gite scolastiche della sua adolescenza. Solo al calare del sole sceglievano di buttarsi nella mondanità dei locali piu trendy e alla moda che la città poteva loro offrire.
Sheila viveva quindi questa esperienza con una gioia e uno spirito diverso dalle tappe precedenti, in cui aveva assaporato, spesso in solitudine, tutta quella bellezza e arte che Roma e Firenze le avevano offerto. Qui viveva una doppia vita; di giorno in visita alla storia, e di notte nel cuore della città che non dorme mai.